“Everywoman” di Milo Rau e Ursina Lardi. La necessità di “Ognuno” in tempo di crisi 

University of Catania

A cento anni dalla nascita del Festival di Salisburgo, inaugurato nel 1920 con Jedermann (Ognuno, ovvero la morte del ricco) di Hugo Von Hofmannsthal per la regia di Max Reinhardt, debutta Everywoman di Milo Rau, originale versione del morality play, esempio ultimo della variazione della parabola di Lazzaro e del ricco Epulone. In scena l’attrice Ursina Lardi e, in video, presenza/assenza virtuale, la signora Helga Bedau. Il tema è la morte, materializzata attraverso il suo opposto: la vita del rito partecipativo dell’evento teatrale.

L’intervento si baserà sull’analisi dello spettacolo ideato dalla coppia regista/attrice Rau/Lardi, cercando di evidenziarne le caratteristiche specifiche che ne fanno un esempio virtuoso di attualizzazione del dramma morale del 1911 e drammaturgia necessaria nel 2020. In particolare si porrà l’attenzione alla gestazione dell’opera, caratterizzata da crisi e battute d’arresto, di cui l’ultima, innescata dalla pandemia, ha indotto il duo a un ripensamento totale della scrittura. Si vuole così contribuire a rinsaldare l’interesse critico sui processi creativi, oltre che sugli esiti scenici e a evidenziare il nuovo ruolo del regista e degli interpreti nella scena contemporanea, coinvolti con pari responsabilità all’ideazione e stesura del progetto.

Si presterà attenzione alla dialettica realtà/finzione presente nella composizione drammaturgica, articolata tra riflessioni esistenziali e dati biografici della signora Bedau, che diventano stimolo immaginifico per una narrazione universale. Il dosaggio sapiente di Rau degli elementi scenici concorre a rendere la mediazione tecnologica e il dialogo virtuale tra Bedau e Lardi espediente poetico, incrementando la narrazione allegorica e, allo stesso tempo, il senso d’intimità dell’opera. Analizzando Eveywoman attraverso gli stimoli posti dal dibattito critico sul concetto di liveness, desideriamo, quindi, fornire materiali di riflessione evidenziando come, nella sua ritualità, l’evento teatrale si offra quale reazione alla solitudine e antidoto al dolore.